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CARICENTO: c’è modo e modo di essere datori di lavoro

“Un indizio è un indizio, due indizi sono una coincidenza, ma tre indizi fanno una prova…!”

 

Sempre, ma più che mai nei momenti difficili, l’unità del tessuto sociale, il sentimento di condividere un fine e di essere parte compresa e apprezzata di un tutto, sono indispensabili per la sopravvivenza di una comunità, sia essa un’azienda o qualunque altro insieme di persone. In altre parole queste sono le basi di una squadra che se lotta con convinzione ed entusiasmo ha per questo più possibilità di essere vincente.
Questa unità la si ottiene con una gestione equa della politica retributiva ma anche con comportamenti e politiche aziendali che spesso non costano nulla in termini di denaro, ma portano benefici a entrambe le parti, a chi dà e a chi riceve.
La nostra Banca, Cassa di Risparmio di Cento, ogni volta che ha avuto l’occasione di motivare il personale a costo zero l’ha regolarmente sprecata, comportandosi in maniera opposta, scientificamente potremmo dire, e a questo punto, purtroppo, gli indizi in questa senso sono ben più di tre.
E’ triste vedere quanto la nostra Azienda abbia preferito un modello gestionale da industria metalmeccanica anni ’50, stile “Il padrone sono me!”, a quello di una moderna azienda di servizi consapevole che l’unico tratto che la può distinguere dalla concorrenza in un mondo di prodotti sempre più omologati sono la professionalità e la motivazione del proprio personale.
Tale comportamento ci ha sempre lasciati dubbiosi e non abbiamo mai approvato la rinuncia a perseguire un modello di sviluppo autonomo e la scelta di abbandonare via via le caratteristiche di “banca del territorio” per omologarsi ai modelli organizzativi delle grandi banche transnazionali: l’istituzione organizzativa delle filiali hub e spoke senza una vera analisi delle nostre realtà, lo svilimento delle professionalità (le figure dei Titolari di Filiale, in primo luogo), la rinuncia, nei fatti, a presidiare il territorio e infine la competizione assurda tra uffici, unità operative, filiali per
una effimera benemerenza individuale a prescindere dal bene comune (ovvero, il successo dell’Azienda).
Ma, anche al di là di questo, qualunque sia il modello di sviluppo aziendale perseguito, l’unica cosa certa è che una squadra sfilacciata e senza coesione non raggiunge nessuna meta e di certo non costruisce alcun sentimento di appartenenza, di stima e fiducia un “DATORE DI LAVORO” che:
– manda visite fiscali (pagandole) a chi ha la sventura di ammalarsi a ridosso di ferie o permessi (senza pensare che chi è in dolo e sta a casa in malattia in
maniera “irregolare” sa perfettamente quando deve essere reperibile e molto difficilmente sarà colto in fallo);
– fa cadere dall’alto la gentile concessione dell’orario flessibile, alla faccia dei proclami e degli accordi siglati, perché, evidentemente, una cosa è essere e altra apparire: ti nego la flessibilità non perché ho bisogno di te dalle 8,10 alle 8,25 (o, in alternativa, dalle 16,40 alle 16,55), ma perché devo impormi su di
te, farti capire chi comanda, farti capire che sei un subalterno… E decido io solo la validità delle tue motivazioni!…
Forse è bene sottolineare che, dove le esigenze di servizio alla clientela lo consentono, non c’è motivo di negare flessibilità o altre agevolazioni, che
possono invece migliorare il clima lavorativo;
– nega una misera indennità chilometrica o di trasporto alla “plebe” o specula sulle distanze misurate da rimborsare, ma poi concede auto aziendali in uso assolutamente promiscuo all'”aristocrazia aziendale” (quindi facendosi carico degli annessi bollo, tagliandi manutenzione, chilometraggio percorso, ecc. ecc…);
– crede che la produttività aumenti attraverso un modo di gestire le risorse umane che nessun imprenditore moderno potrebbe nemmeno pensare: controllo ossessivo del risultato senza analisi del valore aggiunto;
contestazioni disciplinari a fronte di errori operativi spesso commessi a causa delle condizioni in cui si è costretti a lavorare; nessuna considerazione per le competenze maturate e, magari, da tempo agite dal personale; un eccesso di considerazione per la “facciata”, apparentemente noncurante di ciò che avviene dentro;
– non ritiene che “dal basso” possano arrivare, non solo lamentele, ma anche indicazioni utili alla gestione dei clienti e non tollera il contraddittorio, tanto che per ridurlo a zero, ricorre alla regina delle NON ARGOMENTAZIONI dialettiche: “RINGRAZIA CHE HAI UN POSTO DI LAVORO!”… equivalente aziendale del “LEI NON SA CHI SONO IO!”.
A noi, più delle belle parole inglesi tanto di moda – tra cui TEAM e WELFARE – che ci vengono propinante in continuazione, ce ne sovvengono altre:
CASSA RISPARMIO DI CENTO?…. GOOD NIGHT and GOOD LUCK!!!
Le Rappresentanze Sindacali Aziendali
Cassa di Risparmio di Cento Spa
FABI FIRST – Cisl FISAC – Cgil

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